Religione e superstizione si intrecciano in un mondo in cui tutto sembra ruotare intorno al sesso che, fonte di vita e di gioia, è per i romani è un fenomeno positivo, magico, talvolta dotato di una potenza spirituale che indirizza la vita, ed, attraverso la riproduzione, la travalica.

 Arte Romana, Fallo Alato con gambe (I secolo d.C.; bronzo, Londra, Britisj Museum)

Cominceremo questo nostro viaggio nell'immaginario dei Romani con un oggetto che noi oggi definiremmo osceno, dimentichi che questo termine, nel mondo antico, non ha lo stesso significato che esso ha oggi per noi. Un romano non avrebbe mai definito obscenus, un fallo alato perché nel suo mondo, questo termine indicava ciò che era di cattivo augurio, e quindi l'esatto opposto di quanto invece identifica una delle immagini più note da Pompei, dal mondo romano e dell'arte romana.

Per fare appello a tutta la sua forza magica, il fallo alato va riprodotto, smisurato, enorme, propiziatore, capace di allontanare gli spiriti del male, capace di dare protezione alla casa e agli ambienti di lavoro, forza della natura contro il male, i demoni flagellanti e il fascinum: la potenza negativa dell'occhio secco.

Falli alati, falli tortili, falli a sembianza di animale, falli che si intrecciano a falli, falli che si innestano su falli. E sembra invero una rincorsa senza fine, una vera e propria mania, quella di riprodurre questo simbolo protettivo su mille oggetti, appesi dappertutto.

Il “fascinus” dell'antica Roma: l'amuleto a forma di fallo che proteggeva contro il malocchio.

Religione e superstizione si intrecciano in un mondo in cui tutto sembra ruotare intorno al sesso che, fonte di vita e di gioia, è per i romani è un fenomeno positivo, magico, talvolta dotato di una potenza spirituale che indirizza la vita, ed, attraverso la riproduzione, la travalica.

Noi definiremmo superstizione pratica o magia spicciola quella volontà di possedere un amuleto contro quell'oculus malignus, sempre in agguato e codificato, nella sua sostanza già da Plinio il Vecchio; secolare fonte di tribolazione per l'essere umano, deve proteggere i più deboli, i più fragili, ed è dunque per questo se, come racconta Varrone nel De lingua latina, al collo dei bambini si appende, contro il malocchio, una bulla contenente un amuleto a forma fallica

La fantasia degli artigiani romani era spesso incline a spiccare il volo e la potenza magica di un simbolo si legge anche nella capacità di conferirgli connotati stregati o grotteschi, le ali, in questo caso.

Fallo alato a Pompei, amuleto mondo antico.

Inserite anche nella segnaletica stradale pompeiana, queste immagini, per noi bizzarre, svolazzando qua e là, servivano a scacciare il lato più oscuro della nostra umanità ed attraverso una mutazione stilistica che approderà al corno, continuano la loro opera di bonifica anche nell'età contemporanea.

 

Laura Del Verme
archeologa

Per chi volesse approfondire:
Eva Björklund, Lena Hejll, Luisa Franchi dell’Orto, Stefano De Caro, Eugenio La Rocca (a cura di), Riflessi di Roma. Impero romano e barbari del Baltico, catalogo della mostra (Milano, AltriMusei a Porta Romana, dal 1° marzo al 1° giugno 1997), L’Erma di Bretschneider, 1997.


Megan Cifarelli, Laura Gawlinski (a cura di), What shall I say of clothes? Theoretical and methodological approaches to the study of dress in antiquity, American Institute of Archaeology, 2017.


Carla Conti, Diana Neri, Pierangelo Pancaldi (a cura di), Pagani e cristiani. Forme ed attestazioni di religiosità del mondo antico nell’Emilia centrale, Aspasia edizioni, 2001.


Jacopo Ortalli, Diana Neri (a cura di), Immagini divine. Devozione e divinità nella vita quotidiana dei romani, testimonianze archeologiche dall’Emilia Romagna, catalogo della mostra (Castelfranco Emilia, Museo Civico, dal 15 dicembre 2007 al 17 febbraio 2008), All’Insegna del Giglio, 2017.


Adam Parker, Stuart McKie (a cura di), Material approaches to Roman magic. Occult objects and supernatural substances, Oxbow Books, 2018.
Varone, Erotica Pompeiana( Iscrizioni d'amore sui muri di Pompei, L’Erma di Bretschneider, 2002.

 

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